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Archivio della categoria 'Progetto Iraq'

“Cronache dal tappeto volante”. Una presentazione

4 maggio 2009 Pubblicato da roberto

A Fiesole sopra Firenze, venerdì 8 maggio alle ore 21. L’autore Andrea Misuri presenterà, al circolo ARCI in via Matteotti 27, il suo libro “Cronache dal tappeto volante” (qui una recensione).

cronache_presentazionefiesoleSarà presente il Sindaco di Fiesole, Fabio Incatasciato, e alcuni assessori.

Sarà un’occasione in più per ascoltare e gustare, dalla voce dell’Autore, storia e motivazioni che hanno partorito l’agile volumetto. Che narra di storie antiche e storie recenti, assieme a una nota di speranza per il futuro della tormentata regione dell’Iraq.

Non mancate!

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Cronache dal tappeto volante

9 dicembre 2008 Pubblicato da roberto

Da un amico sul suo tappeto volante ecco arrivare una storia piena di storia. Son cronache di un viaggio, e insieme, pagine dal passato quali avremmo voluto leggere da ragazzi a scuola (e sarebbero state più divertenti, chissà). Il tutto intrecciato su un filo conduttore, che parte dalla Mission del 2006 dei “Sindaci per la Pace” nel Kurdistan iracheno e si snoda su eventi più recenti ma con svolte improvvise, flashback che raccontano di epoche di millenni addietro - e qui la stessa tradizione mesopotamica s’intreccia a sua volta con miti e racconti biblici, perché sì, proprio questa terra così martoriata ora dalla guerra, è la stessa culla che vide nascere la nostra civiltà.

Andrea l’autore, compagno di viaggio in quella Mission incredibile - fummo quasi un cuneo scalfittore della cronaca tenebrosa da cliché usurato di un Irak impossibile da domare - che dalle vicende di quei giorni ha saputo macinare piano piano, prima con gli articoli snocciolati nel Web e adesso svelando il suo percorso tutto insieme su carta stampata di agevole lettura.

Ed ecco allora le numerose immagini che fanno da contorno al sapiente intreccio, ecco la prosa mai stucchevole ma che guida il lettore in un percorso quasi iniziatico. Ecco la storia nella storia dei tanti viaggiatori che fin dai tempi antichi hanno voluto scandagliare l’inconosciuto, scoprendo oltretutto che ciò che valeva la pena scoprire, non era solo ciò che era intorno ma soprattutto la sfida e la conoscenza dell’intimo di sé.

Una sorpresa da mettere sotto l’albero? Può essere un’idea. Un regalo comunque semplice ma prezioso come tutti i racconti vissuti che stimolano la mente e la fantasia ed aprono ad orizzonti diversi oltre la staticità del quotidiano.

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Cronache dal tappeto volante
Il Kurdistan tra passato e presente
Andrea Misuri; Diple Edizioni

Nota: Appuntamento per sabato 13 dicembre a Campi Bisenzio (FI)! A Villa Rucellai, alle 16, la presentazione del libro. Intervengono Nadia Conti e l’autore Andrea Misuri.

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Cooperazione sanitaria, da Pianosa a Sulaimaniya

23 maggio 2008 Pubblicato da roberto

E’ con vivo piacere che segnalo la pubblicazione nel web dell’ultimo scritto di Andrea Misuri, che partendo dalla storia dell’”ospedalino” Meyer di Firenze, descrive, in un’intervista al direttore Paolo Morello Marchese, le iniziative in continua evoluzione di cooperazione sanitaria, iniziate dal nostro storico viaggio del 2006…
Il testo è illustrato da numerose fotografie scattate da Andrea e dal sottoscritto in diverse occasioni.

Ecco l’indirizzo della pagina: http://www.peacelink.it/pace/a/26208.html.

Buona lettura!

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Intervento di Alberto Barbero alla IV Conferenza internazionale di Sulaymanya

6 aprile 2008 Pubblicato da roberto

Fin dall’antichità i popoli guardavano con un rispetto quasi sacrale i costruttori di ponti, coloro che riuscivano a congiungere luoghi e identità diverse oltre tutti gli ostacoli naturali e credo che, anche oggi noi possiamo sentirci fieri nel sentirci loro eredi, nel continuare la costruzione di un passaggio ideale tra i nostri popoli e le nostre culture. E’ un lavoro di interscambio di persone e di idee che dura ormai da qualche anno e che ha avuto quale momento di maggiore propositività i quattro giorni dell’Incontro di Pianosa nell’agosto del 2006.

0426.jpgQuell’iniziativa, fortemente voluta dall’Ufficio Italiano di International Peace Bureau -che mi onoro qui di rappresentare- vide sedere intorno allo stesso tavolo rappresentanti di Istituzioni pubbliche, Enti e organizzazioni della società civile Italiane ed Irachene per definire, al di fuori di giochi diplomatici e complessi formalismi, le priorità sostanziali per una reale pacificazione del territorio e per il superamento delle tensioni etniche. Nel documento finale dell’Incontro vennero individuate diverse linee guida che hanno poi portato a diversi e importanti progetti di cooperazione. Così noi oggi siamo qui a Sulaymanya anche in rispetto del “promuovere un cambiamento culturale rivolto alla convivenza pacifica (…) avviare intensi rapporti con le istituzioni (…) allo scopo di facilitare le relazioni fra le diverse etnie anche realizzando eventi d’incontro.” previsto dal punto 1 di quel documento, e siamo qui con profonda umiltà, perché se è pur vero che il continente strettamente Europeo non conosce conflitti armati da oltre sessant’anni -e si potrebbe, con buona ragione, discutere se il solo silenzio delle armi possa compiutamente realizzare la nostra speranza di pace- non possiamo trascurare che proveniamo da immediati precedenti orrendamente sanguinari né che, superato l’ottimismo ottocentesco del jusnaturalismo, abbiamo ormai piena coscienza di non possedere ricette univoche e miracolose per il superamento dei conflitti. Noi siamo qui con la nostra buona volontà e la nostra esperienza, che poi si risolve nell’unica lezione positiva dei nostri fallimenti e dei nostri errori politici, perché almeno questi non siano ripetuti, perché la storia sia finalmente ed effettivamente “magistra vitae” e siamo pronti a impegnarci, a collaborare con voi per la creazione originale dei vostri nuovi modelli di libertà, di convivenza e di sviluppo.

In particolare quest’oggi siamo vostri ospiti, i testimoni commossi della commemorazione della tragedia del popolo curdo iracheno, toccati dall’orrore e dalla pietà per i devastanti effetti delle armi chimiche mortali usate contro Halabja e contro altri vostri villaggi, per i vostri innumerevoli morti, per i vostri infiniti deportati in uno scenario mondiale che ha ripetuto e ripete identiche mostruosità in molte, troppe circostanze.

Noi vi raccomandiamo di usare questa spaventosa memoria non come luogo di implosione e di separazione culturale bensì come formidabile strumento attivo per superare il senso di lutto e di devastazione collettiva, per potervi liberamente aprire, con un ricordo che vi renda ancor più consapevoli della vostra precisa identità, alle vie nuove della pace.

Per parte nostra ognuno di noi sarà interprete della vostra individuale sofferenza in un quadro planetario e, come gente di pace del Vecchio mondo, ci sforzeremo, domani ancor più di ieri, di associare sempre di più le armi chimiche a quelle nucleari e batteriologiche nella volontà che tutte le armi di distruzione di massa possano infine essere bandite dal nostro mondo, perché mai più possa ripetersi lo strazio senza speranza di un padre morto nell’estremo tentativo di proteggere i suoi figli bambini, morti anch’essi.

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Tornare in Kurdistan due anni dopo

31 marzo 2008 Pubblicato da roberto

`Maybe. Forse. La parola che più è ricorsa nel viaggio in Kurdistan. Fin da Vienna. Inseguendo l’Air-Station Manager della Mesopotamia Air, l’ultima arrivata nel nuovo segmento di mercato delle compagnie civili irachene. Poi, di volta in volta, i “problemi tecnici” dell’Austrian Airlines fino ad Istambul, le attese mattutine nell’hall dell’Alborz Hotel al Khasraw Khal Bridge a Sulaimaniya, i cambiamenti repentini di programma.`

Ecco l’inizio di un lungo racconto. E’ il reportage di Andrea Misuri, di ritorno dall’ultima «Mission» dei “Mayors for Peace” nella terra che già fu nostra destinazione nel 2006.

E’ la testimonianza di un cammino che, anche attraverso l’impegno di IPB-Italia, è proseguito in questi due anni trascorsi. E che si sta concretizzando attraverso progetti e … amicizia.

E’ da leggere e da gustare, anche per le numerose immagini che lo accompagnano.

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OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Maybe. Forse. La parola che più è ricorsa nel viaggio in Kurdistan. Fin da Vienna. Inseguendo l’Air-Station Manager della Mesopotamia Air, l’ultima arrivata nel nuovo segmento di mercato delle compagnie civili irachene. Poi, di volta in volta, i “problemi tecnici” dell’Austrian Airlines fino ad Istambul, le attese mattutine nell’hall dell’Alborz Hotel al Khasraw Khal Bridge a Sulaimaniya, i cambiamenti repentini di programma.

La Raparin Hall è intitolata alla Rivolta del marzo 1991 che liberò la città dalla lunga oppressione. Situata all’interno dell’Università di Sulaimaniya, di fronte alla Biblioteca Centrale, si confonde tra gli edifici ad un piano dei ventidue college sparsi tra i viali. Gli studenti, libri e dispense sotto il braccio, si soffermano a parlare a piccoli gruppi.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Sono le 10,00 del 17 marzo e qui ha inizio il convegno Dal Genocidio alla cultura di Pace. Sono trascorsi vent’anni dalla strage di Halabja. E’ il momento di ragionare delle conseguenze che quei tragici eventi hanno prodotto nella coscienza di un popolo e come si possa ricercare il diritto alla serenità perduta.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Marzo è la stagione dei narcisi, che ragazze nei tradizionali abiti curdi dai vivaci colori monocromatici distribuiscono all’ingresso della sala insieme a caramelle e a piccoli dolci.

Presenti i rappresentanti istituzionali del Kurdistan iracheno: i Presidenti del Governo e del Parlamento Regionale, ministri e deputati, sindaci, così come esponenti dei partiti politici tornati alla luce del sole dopo gli anni di clandestinità. La sig.ra Hero Ibrahim Ahmed Talabani, i sindaci Khder Kareem di Halabja, Nawzad Jalal Muhamad di Chamchamal, Araz Hawez Sadq di Koya, Azad Mamand di Taqtaq, Aras Abid Akram dell’Halabja Chemical Victims Society, il professore Azad Hama Shekhani dall’italiano perfetto per gli studi nelle nostre università.
L’intervento di Othman Rashid Aziz direttore delle municipalità di Sulaimaniya: “When this conference was held in Florence city in Italy, this year Kurdistan suggested to holding this conference in Halabja city of Sulaimaniya. Indeed, this suggestion was accepted to be appointed at the date of 16-March, As World Day as a symbol for standing against using the Chemical Weapon”. A seguito del convegno di Mayors for Peace del novembre scorso a Firenze, da qui parte la proposta del 16 marzo Giornata Mondiale contro l’uso delle armi chimiche.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Fulgida indossa l’abito ricevuto in dono dalla sig.ra Talabani. Il suo saluto in curdo, arabo, inglese e italiano trasmette un messaggio di comunanza.

Ogni volta che un bambino è ucciso, al grido disperato di una madre si unisce quello di tutte le madri della Terra. I bambini, i figli di tutte le madri, sono il nostro comune futuro. La trasversalità dell’amore e del dolore non hanno confini”.

Parole che hanno fermato l’attenzione dei presenti, dirette al loro cuore.

L’intervento di Alberto. Parla di Pace e del progetto di peace education portato avanti nel convegno di Pianosa dall’International Peace Bureau e dai Comuni aderenti a Mayors for Peace.

Le biglie d’acciaio di Pol lasciate cadere nel contenitore sul palco ricordano, con il loro metallico rimbombo, le atomiche presenti nei depositi di tanti Paesi.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Le proposte italiane per stimolare la costruzione della pace nella coscienza della società civile passano anche attraverso nuove politiche scolastiche. L’adozione di un testo comune alle scuole di più Paesi, in quanto “non si conoscono le tragedie dei popoli perché non se ne conosce la letteratura”. Lo ha detto Attilio, vice sindaco di Pozzallo, Comune dei Monti Eblei che ha dato i natali, sono stati da poco ricordati i cent’anni, a quel precursore della fratellanza tra i popoli del Mediterraneo che fu Giorgio La Pira.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Le parole di Dante, assessore alla Pace e ai Gemellaggi di Campi Bisenzio e quelle di Eleonora, una donna che in questo Comune è nota per i molteplici impegni nell’associazionismo e nel campo dei diritti umani nel mondo.

Intanto, Jessica informa i giornalisti curdi televisivi e della carta stampata delle attività di I.P.B. ed invia in Italia comunicati stampa sull’andamento del convegno. La sua costante disponibilità e un sorriso smagliante contribuiscono a facilitarci i contatti.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         L’incontro con Rizgar Mohammad Ameen, uno dei tre giudici, lui curdo, gli altri sunnita e sciita, che hanno giudicato Saddam Hussein. Otto sedute al termine delle quali è stato condannato per la strage di centoventi sciiti.

Il portamento eretto, quasi ieratico, Rizgar, completo blu, la cravatta con disegni bianchi su fondo blu, si muove con naturale, felpata eleganza. Alto, magro, bianchi capelli corti, baffi brizzolati, cinquant’anni da poco compiuti. Alle nostre domande su quest’esperienza professionale ed umana risponde che, come per qualsiasi altro processo, il suo impegno è stato tenere distinti nel giudizio la propria emotività e la pressione ambientale dall’analisi oggettiva dei fatti.

E’ tornato a svolgere le funzioni di giudice a Sulaimaniya.

Al poeta Salm è intitolata la principale strada della periferia ovest di Sulaimaniya, intasata di traffico sul finire del mattino.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Dietro un cancello guardato da uomini in armi, una bassa costruzione rettangolare è la sede del Puk, il Partito unitario curdo. Siamo ricevuti dal responsabile dell’ufficio politico, al quale Eleonora dona la sua sciarpa multicolore della Pace. Riceviamo un attestato onorario del Partito, con il simbolo del fiore nazionale, un narciso dai bianchi petali.

Il 18 marzo siamo tornati ad Halabja. All’ingresso della città il monumento dedicato alle vittime e distrutto due anni fa, presente la delegazione italiana, è ancora ingabbiato nei ponteggi.

Nel cimitero s’inseguono allineate le tombe senza morti, che furono invece raccolti in fosse comuni. Una lapide per famiglia, tutte uguali, con 5.000 nomi. I giovani di Halabja hanno presentato una rappresentazione teatrale di forte impatto emotivo.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         All’ora del tramonto siamo davanti alla statua che ricorda la strage, una donna con le braccia protese verso il cielo, e ai cui piedi sono state accese candele e disposte scenograficamente delle mele a ricordare l’odore dolciastro, proprio delle mele, dei gas nervini. I ballerini dell’Accademia delle Belle Arti recitano Non dobbiamo dimenticare Halabja. Seduti accanto alle tombe, mentre le ombre della sera arrivano a stendersi tra le lapidi, ogni marmo illuminato da una candela, altri studenti iscritti al corso di pittura disegnano e dipingono il ricordo. Mescolandosi infine, ballerini e pittori, gli uni in una danza al rallentatore, gli altri in piedi, immobili, i disegni tra le mani. L’altoparlante diffonde note di dolore che si perdono nel nulla che sfuma oltre le tombe, nella piatta campagna d’attorno.

Ho trascritto, facendomi aiutare a tradurli dalla brochure, i nomi del regista Warzer Hama Salim e dell’autore delle musiche Farhad Faik eseguite dal Gruppo Musicale dell’Accademia di Halabja. Per notificare a chi legge e ringraziare così quei ragazzi.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Ciamciamal si trova sulla strada che collega Sulaimaniya a Kirkuk. Una striscia d’asfalto che corre diritta attraverso la pianura, rari villaggi s’alternano ai posti di blocco dei peshmerga che si riconoscono da lontano per le lunghe colonne d’auto e camion. I suv della sicurezza azionano luci, sirene e altoparlanti e zigzagano tra blocchi di cemento e spunzoni metallici portandoci rapidamente oltre. Lungo la strada gli scavi archeologici restituiscono i resti di un’antica chiesa cristiana.

Kirkuk, enclave rivendicata dalla forte minoranza turcomanna, un sottosuolo con grandi riserve di petrolio, è a poche decine di chilometri. Da lì ne mancano centocinquanta per arrivare a Baghdad.

Ciamciamal è un insediamento sviluppatosi nella seconda metà degli anni ’80 e raccoglie i profughi in fuga dall’Anfal del governo iracheno. Da qui l’inferno di Baghdad appare ancora lontano.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Certamente la vita quotidiana non è facile, ma i segnali che provengono dai giovani incontrati sono pieni di speranza. Il gemellaggio di Halabja con Marzabotto ha stimolato il desiderio di confrontarsi con realtà diverse. La nostra presenza è stata occasione di riflessione e di ricerca del nuovo. Dopo la visita in Municipio, circondati dagli uomini della sicurezza, abbiamo così visitato i luoghi di ricostruzione della democrazia curda, la sede di Kurdistan Tv, la Casa della Cultura dell’infanzia, il Centro culturale giovanile e quello delle donne, quest’ultime davvero le colonne portanti, ancora troppo invisibili, della nuova società. A Ciamciamal un gruppo di studenti stampa un giornale. Charmu, dal nome di una località vicina dove sorge un villaggio neolitico, il più antico insediamento dell’intero Iraq, riportato in superficie dagli Inglesi durante l’occupazione nei primi decenni del secolo scorso. Mostrano orgogliosi la copia di Charmu con l’articolo che parla del patto d’amicizia con Campi Bisenzio.

L’invito della signora Hero Talabani è stato una sorpresa quanto mai gradita. L’opportunità di proseguire quanto iniziato in occasione del suo viaggio in Italia ospite del sindaco Leonardo Domenici e del Ministro della Salute Livia Turco.

Arriviamo alla residenza dopo il tramonto. Dalla collina, le luci di Sulaimaniya s’accendono in successione, a segnare i contorni della metropoli. Sulla porta ci viene incontro e salutiamo calorosamente Hatif Yashar, che abbiamo conosciuto a Firenze. Abbracciamo, sorridente come sempre, Dana Hussein Qadir di “Save the Children”.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         La signora Talabani c’introduce in un salone accogliente, soffuso delle sfumature verdi pastello dei tendaggi, delle pareti, dei tappeti. Mazzi di fiori dove predominano i rossi, i gialli, gli arancioni composti con sapienza sui tavoli, insieme a vassoi di banane, fragole, kiwi, uva e arance. Si scambiano doni e si parla dei progetti in campo, facendo il punto e riprogrammando il lavoro futuro.

La cena con i tanti piatti della tradizione curda. Assaggiamo tutto con curiosità, in particolare sui vassoi ovali al centro della tavola, i salmoni provenienti dal Lago di Dokan, una località turistica ad ovest di Sulaimaniya, sulla strada per Erbil.

In più luoghi, dunque, abbiamo avuto occasione di affinare la nostra conoscenza della cucina curda. Il Nafoora restaurant, una grande sala su due livelli, al centro enormi tegami di rame finemente lavorati, ricolmi di riso con l’uvetta e una fila di bianche zuppiere con pomodori, fagiolini e involtini di melanzane ripieni di riso. D’attorno s’accalcano gli avventori. Si mangia a self service e dopo ci si serve il tè nei tipici bicchieri turchi.

Al ristorante al pianterreno dell’Hotel Alborz, crauti e cetrioli tagliati sottilmente, fagioli al pomodoro e melanzane cucinate in maniere diverse.

All’Abu Sana ambiente ovattato, luci soffuse, vino della Cuvee François Dulac e birra Heineken. Ricordo un ottimo tapulà: cuscus, aglio, cipolla e prezzemolo tritato.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Concordemente, il miglior kebab lo abbiamo mangiato al Sirwan, alle porte di Ciamciamal. Dalle ampie finestre si vedono i camion sparire nella luce abbacinante e nella polvere della strada per Sulaimaniya. Kika è kebab di pollo marinato nel limone. Croccante e davvero gustoso, i piccoli pezzi di carne sono portati caldi in tavola, infilzati in lunghi spiedi. Splendide anche le salsicce, condite con grasso bianco e aglio. I sottilissimi pani arabi qui sono particolarmente grandi, e appena arrivano in tavola i commensali, con senso di condivisione, s’affrettano a strapparne ciascuno una parte.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Il centro di Sulaimaniya è sempre affollato. Si passa davanti alla pizzeria La perla e alla barberia Milano, retaggi di soggiorni nel nostro Paese. Prima di scendere qualche scalino ed entrare nella parte al coperto più antica del secolare mercato, ci si sofferma davanti alla statua di Ibrahim Pasha fondatore della città e ad un grande cartellone che raffigura Shaikh Mahmud Barzingi autoproclamatosi re del Kurdistan nel 1922. Soltanto i bombardamenti della R.A.F. su Sulaimaniya ebbero ragione dei sogni d’indipendenza di questa regione. Qui un mausoleo ricorda Shaikh Mahmud che fu re per un solo anno.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         In due anni, dalla visita del 2006 dell’Ufficio italiano di International Peace Bureau, molte iniziative sono state messe in cantiere. Ci siamo impegnati con idee e progetti che abbiamo verificato richiedere tempo e fatica. Non sempre ci siamo riusciti. A volte abbiamo cambiato strada, perché la più breve non era percorribile. Sono tante le cose che si stanno mettendo in moto nelle relazioni tra le persone e le istituzioni dei nostri Paesi. A questo ho pensato quando, al momento della partenza, nell’hall dell’hotel ci hanno consegnato uno scatolone di cartone da parte della signora Talabani. Una promessa che la First Lady aveva preso a Firenze con Torello Latini proprietario dell’omonima trattoria, un “cult” per gli amanti della cucina toscana. Le era piaciuta l’idea del Latini di voler esporre nel locale i quadri degli studenti delle scuole della città.
Nello scatolone, una ventina di opere di giovani artisti curdi che Torello inaugurerà quanto prima. Un nuovo passo, questa volta internazionale, nella sinergia cucina e cultura che caratterizza questo locale.

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Vorrei finire con un omaggio alla forza delle donne curde, impegnate ad uscire da un millenario isolamento storico e sociale. Hanno sostituito per lungo tempo i loro uomini impegnati a combattere sulle montagne, quando non erano stati uccisi dall’Anfal. Assunzioni di responsabilità senza che questo si sia tradotto in riconoscimento sociale. La forte determinazione che ho sentito nelle donne incontrate a Sulaimaniya, a Halabja, a Ciamciamal ci dice che le cose stanno cambiando.

Tiziana si è aggregata al nostro gruppo all’ultimo momento. Ha scritto libri e pubblicazioni sulla condizione della donna, con riferimento particolare al Veneto dove vive. E’ qui per scrivere delle donne curde. Gulala le trova i contatti e insieme le vedo appartarsi, Gulala traduce,Tiziana prende appunti, con le rappresentanti dell’associazionismo femminile, delle organizzazioni politiche, dei diritti violati.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA         Aisha oggi ha settant’anni. E’ nata a Surdash nella provincia di Sarjalu a nord-est di Sulaimaniya. Otto figli da tirar su. Cinque maschi e tre femmine. Ci racconta una storia. La sua.

La guerra con l’Iran le porta lontano un figlio, Nawzad Hama Ahmed, nato nel 1956. Nawzad nel 1983 ha ventisette anni, con il suo battaglione è in prima linea a Fao sul Golfo Persico.

Nelle immagini della tv irachena, Aisha vede cataste di ragazzi morti sul fronte. Non può attendere oltre. Inizia da sola un doloroso viaggio.

In treno a Kirkuk e poi fino a Baghdad. Da lì in pullman sempre più a sud. Da Bassora in taxi fino all’ultimo avamposto civile. Davanti trincee e campi militari.

Una donna sola che non parla arabo e indossa abiti curdi. A tutti, soldati e ufficiali, Aisha mostra la foto del figlio.

Arriva a parlare al 1° ufficiale del battaglione nel quale combatte Nawzad.

“Se mio figlio è vivo lo voglio riportare a casa. Io gli ho dato la vita. Non voi”.

“Tuo figlio ora appartiene all’esercito”.

La notizia di questa donna e della sua ricerca del figlio arriva al generale, che la fa chiamare.

“Voglio premiare il tuo coraggio. A tuo figlio concedo una licenza di quindici giorni che nessuno ha avuto. Ma ricordati, al suo scadere lui dovrà essere qui”.

Trascorsi i giorni della licenza, la madre sceglie di non far tornare il figlio a combattere con l’esercito iracheno. Senza dire niente al marito, accompagna Nawzad in montagna, là dove combattono i peshmerga. Quello è il suo posto.

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Nota: Guarda tutte le foto (ingrandibili) nella galleria delle immagini!


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