III edizione 2006 - IPB-ITALIA - Associazione per la pace, il disarmo, la soluzione nonviolenta dei conflitti

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Archivio della categoria 'III edizione 2006'

Spazio infinito

24 ottobre 2006 Pubblicato da roberto

Prima Classificata “Una Favola giovane” sezione Scuole Secondarie

Spazio infinito

di Elisa Masinara da Casalecchio di Reno
Liceo “Leonardo da Vinci”, Casalecchio di Reno

Spazio infinito. Terra. Avvicinati ancora…vieni avanti…Amsterdam. Corri, presto entra. Casa mia. Eccoti finalmente! Questa è una favola un po’ fuori dal comune, che racconta i sogni di un bambino che ho conosciuto tanto tempo fa. Un bambino che anche quando divenne adulto continuò a guardare le cose con gli occhi ingenui di un bambino. Era testardo, e io gli ho sempre fatto credere di odiarlo, ma in realtà per me era linfa vitale. Entrava in casa mia e portava con sè il profumo della primavera, il profumo del mare, il profumo dei ciliegi in fiore. E questa è la sua storia. Era una grigia mattina di novembre, e io mi sentivo già molto vecchio. Era il 1940. Piombò in casa mia trascinato dal padre, un burbero uomo molto alto e molto ingombrante che a malapena passava dalla porta di casa, si portava dietro un piccolo peluches che forse in origine doveva avere avuto la forma di un orsetto, ma che sicuramente aveva visto tempi migliori. Non sapevo per quale ragione quei due fossero nel mio salotto ma offrii comunque loro del tè e dei biscotti. Il bambino si chiamava Klaus e aveva dieci anni. Chiesi cosa volevano da me e il padre mi rispose che desiderava che io istruissi il figlio perché non aveva abbastanza soldi per mandarlo a scuola. Voleva che gli insegnassi a far di conto, a leggere, a scrivere e qualche nozione di storia e geografia. Non saprei dire perché in questo momento, fatto sta che accettai quella assurda proposta e mi improvvisai insegnante. C’era qualcosa in quegli occhi grandi che mi aveva rapito. Ero come assuefatto, come quando si fuma l’oppio. Iniziammo l’indomani e subito nella prima lezione mi trovai davanti a un duro ostacolo. A Klaus non interessavano né i calcoli, né le poesie. Lui voleva sapere come girava il mondo, voleva sapere perché stava scoppiando di nuovo la guerra, voleva sapere tutto sulla guerra appena trascorsa e continuava a ripetere “Ma perché non fanno la pace quelli là che governano gli stati? Anche io e Leopoldo litighiamo ma poi alla fine facciamo sempre la pace”. Ora, tralasciando che Leopoldo era il suo orsacchiotto, Klaus aveva colpito nel segno: da anni mi chiedevo anche io la stessa cosa. A sentirla uscire dalla bocca di un bambino sembrava la cosa più facile del mondo; come potevo spiegargli che non sarebbe stato così semplice? Continuava a ripetere che quando sarebbe cresciuto ci avrebbe pensato lui, sarebbe diventato colui che poteva donare la pace a tutti. Mi irritavo terribilmente quando mi diceva queste cose, perché pensavo di essere più maturo di lui e quindi di sapere benissimo come funzionava il mondo. Odiavo quel bambino con tutto me stesso per la sua arroganza, per quella sicurezza che gli invidiavo, perché io non l’avevo mai avuta, per la sua impertinenza, per la sua ingenuità. Eppure ogni volta che entrava in casa mia era come se fumassi l’oppio. Ero in pace con me stesso e sognavo mondi lontani, fuori dalla guerra e dalla follia del nostro tempo. In quella prima lezione mi limitai a spiegargli come andò la prima guerra mondiale, cercando di non prenderlo a calci, ma quando uscì di casa non sembrava soddisfatto. Quando usciva correva. Non so perché lo facesse e mi dissi che doveva avere fretta quel giorno, poi cominciai a osservarlo ogni giorno, e per un mese lui usciva e correva. Decisi di seguirlo. Usciva da casa mia, correva, correva. Si fermava in mezzo a un ponte gettava un sasso nel fiume e… correva. Scoprii che abitava in una casetta più bassa delle altre in una zona del centro. Lo vidi entrare in casa e aprire le finestre, sedersi sul davanzale e guardare fuori con aria di chi sogna… di chi spera. Tornai a casa tranquillo, pensando a Klaus e ai suoi sogni. Dovevo aiutarlo. Dovevo dargli la possibilità di cambiare il mondo. Di portare la pace. Non sapevo come avrei fatto e non sapevo perché corresse in quel modo per tornare a casa, anche se sognai che fosse desiderio di libertà. Rientrai in casa e vidi quanto era buia e vuota senza quel bambino con il suo orsacchiotto e le sue obiezioni. Nei giorni che seguirono cercai di rispondere a tutte le sue domande, sperando di farlo contento e di placare la sua curiosità, ma lui ogni giorno arrivava e mi sottoponeva nuove domande. Erano passati ormai quattro mesi e la primavera era alle porte, quando una mattina entrò in casa in lacrime stringendo il suo orsacchiotto. Mi buttò le braccia al collo, cosa che mi lasciò perplesso perché non ci ero abituato, e pianse. Gli accarezzai la testa e cercai di capire cosa aveva. Era tutto inutile: non voleva parlare. Piangeva e basta. Gli diedi un po’ di tè e lo feci sedere sul divano. Passarono le ore e lui si calmò. Aprì la bocca e ne uscì un’unica frase nitida e chiara “Sono rimasto solo”. Non capii subito cosa volesse dire, non feci domande ancora per qualche minuto poi chiesi spiegazioni. Un fiume di parole uscì dalla bocca di quel bambino. Parole di rabbia, parole di terrore. Mi disse che suo padre era partito per la guerra, volontario nell’esercito francese. Lo abbracciai e chiesi dove fosse sua madre; un altro fiume di parole e di lacrime, questa volta però di dolore e di colpa. Sua madre era morta dandolo alla luce. Non mi azzardai a chiedere altro, preferii tacere. Gli dissi che se voleva poteva stare da me, che ci avrei pensato io a lui. Gli dissi di andare a prendere le sue cose e di tornare qui. Uscì di casa. Non piangeva più. Non correva più. Forse la libertà non gli interessava più voleva solo la sua famiglia. Tornò da me in serata, mi chiese dove avrebbe dormito. Glielo indicai, prese la sua coperta e si appoggiò su quello che sarebbe diventato il suo letto e si coprì la testa con il cuscino. Non lo sentii emettere nessun suono. Mi avvicinai a lui e lo ascoltai. Respirava e piangeva. Lui, che aveva sognato una pace per tutti, era stato privato dell’unica persona che gli era rimasta da una guerra crudele. Ora più che mai aveva bisogno del mio aiuto. Passò una settimana dove non ci dicemmo molto. Poi tutto a un tratto Klaus cambiò, qualcosa scattò in lui e mi disse che voleva riprendere le lezioni, voleva sapere tutto, voleva ascoltare la radio, voleva sapere come andava la guerra. Mi stupii molto di questo cambiamento e pensai che doveva avere una personalità davvero forte. Lo ammirai e lo invidiai per quella curiosità che non aveva certo caratterizzato la mia vita. Io ero codardo, lui era coraggiosissimo. Era arrivato il momento di fare della mia vita qualcosa di utile: dovevo dare a Klaus quello che voleva. Presi tutto il coraggio che avevo e gli dissi che lo avrei iscritto a scuola. Sarebbe stato un sacrificio, perché i soldi erano pochi, ma lui doveva avere la possibilità di essere istruito a dovere. Mi fu molto grato di questa decisione, perché aveva capito che era un periodo difficile, e mi disse che un giorno mi avrebbe ripagato. Pensavo che fosse una promessa vana, priva di senso; mi sarei accorto solo dopo molti anni che lui ce l’avrebbe messa tutta per ripagarmi e ci sarebbe riuscito. La mattina andava a scuola e il pomeriggio quando tornava mi raccontava ogni cosa che aveva imparato; era molto bravo e veloce nell’apprendere, mi faceva sentire molto felice. Non rimpiansi mai quegli anni di vita un po’ stentata, a causa dall’ingente somma che mi serviva per mantenerlo a scuola, sperai solo che la guerra finisse presto. Gli anni passarono: era il 1943. Quella mattina di marzo ci sconvolse la vita. Klaus aveva 13 anni. Arrivò il postino con una lettera, anzi due lettere: erano due convocazioni dei tedeschi per andare nei campi di lavoro in Germania. Eravamo ebrei e dovevamo aspettarcelo. La Germania aveva occupato il paese tre anni prima creando molti disagi, molte famiglie ebree con il pretesto dei campi di lavoro erano sparite nel nulla e la voce che fossero state sterminate era sempre più incalzante. La notizia ci diede un brutto colpo. Klaus si trovava combattuto tra i suoi ideali che da sempre aveva sostenuto e l’imposizione di un regime non suo che però poteva disporre della sua vita come voleva. Io ero preso dal panico, purtroppo non avevo nobili intenzioni come lui, volevo solo morire di vecchiaia. Decisi che era meglio partire e tentare la fuga una volta arrivato in Germania oppure durante il viaggio. Klaus, invece, era distrutto: non sapeva cosa fare. Sapeva solo che non voleva morire perché voleva realizzare il suo sogno. Si rannicchiava nel suo letto e parlava nel sonno. Passandogli accanto lo sentivo chiedersi cosa avrebbe fatto suo padre: sarebbe fuggito o si sarebbe sottomesso al regime? e cosa invece voleva lui. Infine decise di partire con me. Lasciammo la nostra casa tristi e impauriti. Ci caricarono sul treno e facemmo un lungo viaggio. Una notte ci fermfermammo improvvisamente. Non so cosa fosse accaduto al treno, ma si fermò. Klaus non ci pensò due volte, mi scosse dal mio giaciglio e mi disse di fare piano. Sgattaiolammo fuori dal treno e forse il Signore quella notte ci dimostrò di esistere davvero, perché nessuno si accorse di niente. Fuori dal treno Klaus mi disse un’unica parola “Corri”. Lo seguii. Lui correva. Come quando tornava a casa, correva. E questa volta ero sicuro che fosse mosso da desiderio di libertà. Ci addentrammo in una foresta senza mai smettere di correre. Ad un tratto sentimmo dei rumori e fummo circondati. Erano soldati francesi. Ci chiesero chi fossimo. Raccontammo la nostra storia e loro ci accolsero e ci diedero da mangiare. Dopo aver dormito un po’ ci chiesero che intenzioni avevamo. Rispondemmo che avremmo fatto qualsiasi cosa pur di non essere trovati dai tedeschi. Ci chiesero di arruolarci nell’esercito francese. Accettai anche se sapevo che probabilmente non sarei morto di vecchiaia. Klaus era indeciso. Aveva la pace nel cuore, non voleva diventare un soldato. Alla fine cedette pensando che quell’incontro forse era un segno del Signore per aiutarlo a realizzare il suo sogno. Dopo averci portati a Parigi, forniti di armi e divise, ci mandarono a combattere in Italia. Io venni mandato al nord ad aiutare i partigiani, lui al sud in Sicilia, tra quelli che cercavano di facilitare l’arrivo degli Alleati. Prima di separarci chiedemmo che ci fossero comunicate notizie l’uno dell’altro in caso di morte. Ci salutammo e Klaus mi ringraziò ancora per quello che avevo fatto per lui. Dissi che non ce n’era bisogno perché tanto non era servito a nulla. Ci augurammo buona fortuna. Ci separammo nell’aprile del 1943, un mese dopo l’arrivo della lettera. Da qui le nostre storie si dividono e io non ebbi molta fortuna. Mi ferirono gravemente durante un assalto alle trincee nemiche e fui rimandato a casa mia. Non mi ripresi più da quel colpo, rimasi paralizzato e dovetti assumere qualcuno che badasse a me. Non so se Klaus seppe mai di tutto questo. Io non ricevetti nessuna notizia di lui e vivevo nella speranza che non ne arrivassero dall’esercito perché il mio cuore non avrebbe retto se avessi saputo che era morto. Quello che sto per dirvi ora lo seppi dopo la fine delle guerra, da una lettera anonima che portava un indirizzo finlandese al posto del mittente. Dalla lettera e da quelle che ne seguirono seppi che Klaus in Sicilia era riuscito a contattare gli Americani e con molto coraggio aveva dato loro la possibilità di rompere le difese tedesche ed entrare in Italia per liberare il paese dal regime nazista. Combatté al loro fianco con dedizione e aiutò bambini e donne portando un po’ di sollievo. Quando la guerra finì chiese soltanto un biglietto aereo di sola andata per una qualsiasi capitale europea. Gli americani gli diedero ciò che chiedeva e quando gli offrirono denaro disse di non volerne, perché del denaro non sapeva che farsene. Chiese di aiutarlo a portare la pace nel mondo. Nessuno capì cosa intendeva. Klaus partì per la Finlandia e là realizzò il suo sogno. Ogni anno lui porta la pace a tutti quanti come aveva sempre desiderato. A me ha portato l’orsetto di peluches che non ho mai avuto, perché i bambini che sono cresciuti durante la prima guerra mondiale non avevano peluches. E a voi?

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“FESTA DELLE FAVOLE”

8 ottobre 2006 Pubblicato da roberto

E finalmente, il 7 ottobre 2006, la festa è arrivata!

“Tutte le favole incantano perché contengono i nostri desideri e le speranze che questi si avverino. Il crederci è legato alla fantasia, più che al fantastico, e questa nasce dall’umano essere. Perciò passibile di trasformazione in ciò che l’umano essere chiama realtà.”
Dalla penna di Nadia Redoglia, il racconto della giornata di Lugo al Teatro Rossini: una “Festa delle favole” per la premiazione del concorso letterario “Una favola per la pace”.
E anche quest’anno, sulle scene e non solo, lo spettacolo è stato trascinante, ricco di simbolismo e di emozione.

VAI ALL’ELENCO DEI TESTI PREMIATI!
Dal Presidente della Repubblica una medaglia per il Premio

LA FESTA DELLE FAVOLE O MEGLIO… LE FAVOLE IN FESTA

di Nadia Redoglia

L’Ufficio Italiano di International Peace Bureau – IPB (la più antica e grande federazione del mondo, con sede a Ginevra, impegnata nei temi della pace che riunisce e coordina oltre 260 organizzazioni in 60 Paesi) ha pensato bene di chiedere in prestito al mondo delle favole, un piccolo spazio. E’ nato così un momento, in quel di Lugo di Romagna, sede attuale dell’IPB-Italia, dove grandi e piccini hanno raccontato le loro… favole.
Tutte le favole incantano perché contengono i nostri desideri e le speranze che questi si avverino. Il crederci è legato alla fantasia, più che al fantastico, e questa nasce dall’umano essere. Perciò passibile di trasformazione in ciò che l’umano essere chiama realtà.
Le centinaia di favole giunte a Lugo in questa terza edizione presieduta ad honorem da Dacia Maraini, esprimevano un desiderio comune: la pace. Non autori di testi, ma attori di pace, perché di pace attiva si sta parlando, non di quella riflessa per omologazione o emulazione. Attori/scolari provenienti da scuole primarie e secondarie, attori adulti reclusi in case di detenzione e, dunque, portatori di voci meno udibili, così come nelle precedenti due edizioni questo compito fu affidato ad anziani e diversamente abili. La fantasia non ha confini e l’obiettivo, primario, della realtà ha bisogno di adeguarsi ed ecco che le favole giungono da altre terre: Turchia e Iraq, e a portarle è stato il sindaco kurdo di Halabja, città irachena che non vuole essere ricordata solo per la violenza annientatrice di innocenti subita nel 1988, ma pretende di riscattare il diritto di essere attrice di pace, portando un patrimonio fatto di mille favole e di mille desideri tutti racchiusi in un’unica speranza.

Assaporiamo qualche frase frutto di giovani menti, non già tenendo conto della graduatoria dal primo all’ultimo premio secondo le varie sezioni, ma restando fermi sull’obiettivo del concorso. Il dardo vincente è importante perché è l’attimo fuggente che gratifica l’umana natura, è la gioia che suscita il primo botto pirotecnico, è comunque il toccar con mano quella targa con su scritto il proprio nome, ma la vittoria che accomuna il primo e l’ultimo è il bersaglio che ciascuno ha deciso di scegliere: lo stesso.
Ebbene, Claudia Di Marco delle medie G.B.Quinci di Mazara del Vallo impara dalla sua maestra il significato di un campo di concentramento ebraico, di tutte le vittime che ha fatto quella guerra lì, ma anche di tutte quelle che stanno facendo queste guerre qui e sogna. Sogna di incontrare una ragazza bellissima che si chiama Pace. Ha il volto insanguinato e soffre. Più che le ferite ciò che la sta uccidendo è la consapevolezza che i bimbi non vedranno più cartoni animati alla TV, perché sostituiti dalla violenza. La paura che attanaglia la sognatrice si unisce a quella della bellissima Pace e l’abbraccio liberatorio scatena la loro forza: la fantasia velocissima trasforma l’orrore e la paura di aerei e bombe in fiori e soli splendenti. Pace riacquista il sorriso… e come la colomba riprende a volare lasciando alla piccola attrice una sua piuma sul guanciale.
“Il rovo premuroso” di Claudia Mariella delle superiori di Taranto, A.Volta, spaventa i bambini che giocano con la palla di stracci accanto a lui cresciuto in un campo di Baghdad, un campo nel quale sta rispuntando nuova erba perchè le bombe hanno cessato un poco di esplodergli addosso. Non basta forse la sua bruttezza? Tocca loro sentire anche la sua voce? Che vuole questo rovo guastafeste? Il rovo risponde di fuggire lontano, lui è costretto a proteggere la morte: mine inesplose…
Le menti adulte hanno dimostrato alte qualità letterarie e spiccata originalità offrendo la pace vista da più angolazioni. Dal microcosmo di “Notte misteriosa in cucina” che ci racconta una catena di solidarietà composta da posate litigiose per salvare un cucchiaino involontariamente caduto nel secchio dell’immondizia… all’infinito cosmo che chiama in causa l’architetto a gestir eclissi tra i protagonisti astri e pianeti…
Geniale il fiore composto dalla corolla dei premiati e dai petali degli organizzatori, deus ex machina di IPB Italia, che hanno messo in scena, a loro volta, la favola della guerra e della non guerra, della luce e del buio, il bianco e il nero di una sola realtà: la pace, interpretata nel settecentesco Teatro Rossini di Lugo, Regista Franco Pezzi. Regina della Pace, Fulgida (di nome e di fatto) Barattoni, colonna portante nell’IPB Italia, da lei presieduta fino all’arrivo di Salvatore Favati che ha rilevato la carica, ma che serenamente ci racconta il piacere d’esser responsabile di una si solida organizzazione, ma solo perché questa è il frutto di una sinergia forte, fatta di gente che si vuole bene veramente. La voce fuori campo è del Direttore del Premio, Alberto Barbero. Lui ci accompagna narrando le favole e i suoi attori, l’anima delle prime e dei secondi.

A lui chiediamo di spiegarci il passaggio dalle favole alla realtà. Gli domandiamo cosa possa significare concretamente essere attivi per la pace, essere i protagonisti e i fautori di questa e perché una favola può anche raggiungerla.
“E’ necessario saper leggere le favole per la pace di coloro che in queste credono. Il lavoro dei nostri giurati è stato particolarmente faticoso dato l’alto numero delle opere concorrenti. Ciò che ne è scaturito è chiaro: i nostri bambini, i nostri adolescenti, il nostro futuro vede la pace come un dono quasi impossibile da ottenere e dunque riversano il loro desiderio, meglio, affidano il loro bisogno alla magia che solo una favola può concedere: una lampada di Aladino, la bacchetta magica di Fata Turchina, la sfera di cristallo di Mago Merlino. E’ tempo che realizzino che Pace non è dono, che Pace non è acquisizione magica o frutto di un acquisto da consumare: Pace è in sé. Pace non è Natale, non è ricompensa di un bel voto, non è occasionale. Pace è. Di lei si ha il bisogno quotidiano, così come la vita.”

-Questo per il nostro futuro. E per noi, adulti di questo presente?- Incalza Barbero “Intanto non scordiamoci che un tempo eravamo futuro noi stessi, avevamo le nostre favole. Sono sempre buone. Qualche volta bene sarebbe ripassarle. L’IPB in questa occasione ha consegnato il premio alla carriera a un grande giornalista, Roberto Morrione. Fino a giugno è stato direttore della testata televisiva Rainews 24. Una rete che da sempre racconta, grazie ad eccellenti inchieste, la realtà della guerra e le sua profonde crudeltà e ingiustizie. Noi adulti abbiamo bisogno di sapere, di ottenere corrette informazioni per raggiungere ciò di cui abbiamo diritto. Spetterà poi a ciascuno di noi metabolizzare gli impulsi che ci vengon forniti, basta che siano però verità.”

“Vivere può essere una meravigliosa avventura” diceva l’eroe di J.M. Barrie. Ci sia data dunque la possibilità di vivere. Che poi possa essere avventura o favola… ce la vedremo noi.

Nota: L’articolo completo di immagini, è pure pubblicato nel sito di Peacelink.

Nota: VAI ALLA GALLERIA FOTOGRAFICA

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“FESTA DELLE FAVOLE”: Invito agli organi di stampa

5 ottobre 2006 Pubblicato da roberto

sabato 7 ottobre, ore 12,00

presso la Sala Giunta del Comune di Lugo

“FESTA DELLE FAVOLE”

nell’occasione della presentazione della 3° Edizione del Premio Letterario in lingua Italiana - Città di Lugo

“Una Favola per la Pace”

Saranno presenti:
l’assessore del Comune di Lugo Ombretta Toschi, il Presidente di IPB Italia Salvatore Favati, il Direttotre del Premio Alberto Barbero, l’organizzatrice del Premio sul territorio Fulgida Barattoni, il Presidente della Giuria “Giovani” Laura Baldinini Senni, il rappresentante del Sindaco del Comune di Pineto Giancarlo Alonzo, il Sindaco di Campi Bisenzio Fiorella Alunni, il Sindaco di Halabja (Iraq) Khdir Kareem Mohammed e componente del Comitato delle vittime di Halabja Hikmat Faiq Arif.

Inoltre sarà presente il Direttore di RAINEWS 24 Roberto Morrione e il giornalista di RAINEWS 24 Flaviano Masella.

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Favola per la pace: il 7 ottobre la premiazione

16 settembre 2006 Pubblicato da roberto

Manca solo qualche settimana alla cerimonia di premiazione delle opere presentate per il III concorso letterario internazionale “Una favola per la pace”.
L’appuntamento, a invito, è nel pomeriggio del 7 ottobre 2006, presso il Teatro Rossini di Lugo di Romagna.

“Non si trattera’ della solita noiosissima cerimonia di premiazione, ma sara’ una cosa tutta nuova e creativa”, così si esprime Fulgida Barattoni. “Una favola nella favola dove fate e folletti si muoveranno in mezzo al pubblico.”

E racconta:
“Le nostre favole le abbiamo tradotte in inglese, kurdo, arabo e anche turco, le abbiamo portate con noi nelle nostre tante missioni di pace e hanno scaldato tanti cuori e come per magia hanno prodotto numerose nuove favole che abbiamo tradotto in italiano e che sono in concorso quest’anno.
I Sindaci della Mayors for Peace ne fanno largo uso e questo ci onora perche’ ci aiutano nel difficile compito di disseminare semi di pace.

In questi giorni stiamo lavorando per fare avere il visto ad una scolaresca dall’Iraq e se ce la facciamo sara’ una gran bella gioia per tutti.
Ci saranno presenti in sala anche i Sindaci Iracheni di Halabja e Kirkuk, aderenti alla “Mayors for Peace” con i quali inizieremo a parlare anche della messa in opera del nostro progetto elaborato a Pianosa.”

Dal prossimo anno, la sede della premiazione del concorso si sposterà a Pineto degli Abruzzi (vedi articolo a riguardo).

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A Pineto degli Abruzzi le prossime edizioni del Premio

12 giugno 2006 Pubblicato da roberto

“Una Favola per la Pace” a Pineto
La data del 10 giugno 2006 rimarrà, nella storia del Premio Letterario Internazionale “Una Favola per la Pace”, particolarmente significativa.
Infatti nel corso di un’apposita conferenza stampa tenutasi a Pineto, la ridente cittadina balneare in Provincia di Teramo, il Sindaco Luciano Monticelli ha sottoscritto, con la Presidente di IPB-Italia Fulgida Barattoni, il Protocollo d’intesa per il trasferimento delle prossime edizioni del Premio stesso da Lugo di Romagna a Pineto degli Abruzzi.

favola_10giu06“Un importante cambiamento di sede –ha sottolineato la Presidente di IPB-Italia– frutto di una profonda riflessione della dirigenza del nostro Ufficio Nazionale: la decisione centrale di far emergere alla pubblica attenzione e offrire una maggiore visibilità all’azione di pace e alle realtà dei piccoli centri, perché sia ben compreso che la Pace non è solo un tema affrontato da elite culturali di qualche grande città ma un desiderio forte e diffuso su tutto il nostro Paese, trova oggi una sua ulteriore e concreta applicazione anche alla luce del forte impegno assunto proprio dal Comune di Pineto quale “Comune Operatore di Pace” e dalla sua azione concreta e propositiva in favore della Pace. Il nostro Premio letterario, che gode ormai di una qualche risonanza non solo sul territorio nazionale, continua a coinvolgere, nella sua missione indiretta di “Peace education”, la fantasia e l’intelligenza di molte donne, uomini e bambini per progettare un mondo migliore ed un futuro senza paura. Vogliamo che anche le genti di queste terre possano dire la loro e sentirsi idealmente vicini a tutti i cittadini di buona volontà del mondo che, ognuno con la sua storia, la sua cultura, la sua sensibilità, partecipano di questa architettura di pace.”

Importante l’intervento dell’Assessore alla Pace di Pineto Giancarlo Alonzo, che, ripercorrendo per tappe la storia di Pineto “Comune Operatore di Pace”, la sua adesione alla Campagna mondiale “Mayors for Peace” e tracciando le linee guida dell’Amministrazione Comunale nell’azione futura in tema di solidarietà e cooperazione internazionale, ha puntualizzato quanto sia importante la “scommessa” su questi importanti valori planetari anche per una piccola comunità.

Alle ore 21,00, presso il locale Teatro Polifunzionale -nel corso della serata finale del “Dolci Romori-Jazz Festival”- ha trovato spazio, tra gli apprezzatissimi virtuosismi musicali di Marco di Battista e Giuseppe Berardi e quelli di Roberto Gatto e Greg Burk, anche la lettura, curata dal giovane Marco Tiberio, di alcune favole premiate nella seconda edizione del Premio tratte dall’ancor fresca di stampa antologia e le proiezioni di “Per chi suona la sirena” VideoPoem di Massimo Toschi, premiato nella I edizione. e di “Piccoli sogni di carta contro la guerra” il corto autoprodotto da IPB-Italia per la mostra itinerante “La lunga ombra del sole di Hiroshima”-immagini per non dimenticare.

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